Le fasi pregreche

Dalle genti indigene alla civiltà dei Greci. 

Le notizie relative ad attestazioni di vita sul pianoro vibonese, in età preistorica, sono nelle opere di alcuni scrittori dell'Ottocento e dei primi anni del Novecento, che riportano  notizie relative al rinvenimento a Vibo Valentia di «stazioni litiche» che risalgono molto probabilmente ad età neolitica. Le zone interessate dai rinvenimenti sono Trappeto Vecchio (dove, successivamente, sono state scavate le mura di età greca) e la contrada Telegrafo (sito di uno dei santuari hipponiati).   Conferma dell'insediamento neolitico, sul pianoro in questione, è la presenza, abbastanza generalizzata, di ossidiane, selci e schegge di quarzo, nella necropoli della città greca, rinvenuta nel corso degli anni ed in varie località dell'abitato moderno.   Materiali relativi ad una facies più tarda, risalente all'età del Bronzo recente (XIII-XII sec. a. C.), sono stati rinvenuti, sempre durante lo scavo della necropoli in contrada Affaccio, in una tomba che presentava due corredi distinti: uno databile al VI sec. a. C., l'altro risalente al XIII-XII sec. a. C., costituito da una spada ed un coltello in bronzo, quest'ultimo ritualmente spezzato, ed entrambi posti alla sinistra dell'inumato.   Per spiegare il perché oggetti cronologicamente così distanti coesistano nella stessa sepoltura, gli studiosi hanno pensato che l'impianto del sepolcro di età greca abbia distrutto una tomba preesistente; il rispetto per il defunto avrebbe determinato la deposizione del corredo più antico accanto a quello del morto più recente. Ad ogni modo, sia l'associazione spada-pugnale (usato in questo caso come arma di offesa piuttosto che come utensile), rara in Italia, ma diffusa Oltralpe ed in Europa centrale, sia la tipologia dei materiali, attestano, strettissimi legami con il Nord in diversi campi della vita culturale: quello dell'armamento, quello della produzione metallurgica, quello del rituale funebre e delle credenze religiose.

Il pianoro vibonese   Alla luce dei dati che abbiamo finora a disposizione, sul pianoro vibonese non è stata rinvenuta alcuna traccia di vita risalente all'età paleolitica. Almeno per il momento, sembra che il sito della città antica non sia stato abitato dalle genti di quella facies laddove, invece, nel territorio del Poro, sono segnalate alcune stazioni del Paleolitico Superiore e del Mesolitico: precisamente in località Punta Safò fu rinvenuta mediante la raccolta di materiali di superficie, una stazione del Protoaurignaziano (tra i 40 ed i 30 mila anni fa).   Resti riferibili al Paleolitico Inferiore, Medio e Superiore sono stati di recente individuati a Torre Galli, nel sito dell'abitato protostorico, ed, infine, la presenza di due stazioni dello stesso orizzonte è stata segnalata sul Monte Poro.   Il pianoro sembra invece pienamente partecipe della vita e della cultura neolitica, perfettamente inserito in un territorio dove abbonda l'ossidiana - il vetro vulcanico, per la maggior parte proveniente dalle Eolie - che in questa zona, è sparsa un po' dappertutto.    La grande abbondanza di questo materiale, che, talvolta associato alla ceramica impressa tipo Stentinello, si addensa soprattutto in prossimità dei luoghi di approdo, testimonia l'intenso commercio marittimo di questo prodotto con le regioni adriatiche, attraverso la mediazione di Sicilia e Calabria. 

spada

Spada in Bronzo  risalente al XIII-XII sec. a. C.

 

Sembra evidente, in questa fase, l'esistenza di stretti rapporti culturali tra Vibo ed ambienti settentrionali, mentre sul territorio circostante sono evidenti contatti socio-economico-culturali con l'Egeo.   II pianoro su cui sorgerà la città greca, era diventato, per l'età in esame, un punto di arrivo di correnti culturali di origine centro-europea. Materiali della prima età del Ferro furono rinvenuti negli strati più profondi dello scavo in località Scrimbia, dove fu scavata un'area sacra che conferma la convivenza tra centri coloniali e centri indigeni, già riscontrata nei vicini siti di Torre Galli e Mesiano. E' lo stesso pianoro, già alla fine del VII sec. a. C., che vedrà l'insediamento dei Locresi che, fondando la città greca, assicureranno alla colonia madre un prezioso sbocco economico-commerciale sul Tirreno.