L'età romana e bizantino-medievale

Su questo bellissimo pianoro, dove le piante di ulivo con le loro foglie argentee catturano gli ultimi raggi di sole al tramonto creando particolari giochi di luce, la tradi­ zione locale si confonde con la storia: l'edificio templare di tipo italico infatti, è stato da sempre identificato dai locali come Palazzo di Donna Canfora.

Una donna particolarmente bella, rapita mentre acquistava alla marina fini mercanzie e che, secondo la tradizione popolare, si gettò nel mare dalla barca, voltandosi a guardare per l'ultima volta il suo palazzo prima di essere portata via dai corsari, attratti dalla fama della sua bellezza.

Il riferimento ai corsari è un chiaro collegamento storico alla presenza degli infedeli saraceni, autori di numerosi e devastanti incursioni lungo il litorale tirrenico meridionale e nell'area dello Stretto, a partire dal IX e fino a tutto il X secolo. Saraceni ricordati anche nel poema epico la Chanson d'Aspremont per il violento scontro e la loro sconfitta ad opera di Carlo Magno in Aspromonte, dove il re cristiano uccise Almonte, figlio del re pagano Agolante, che aveva stabilito la sua base operativa militare a Reggio: “sulla grande montagna della Calabria si decidono le sorti della crisitianità” . Scorrerie ed invasioni che stando alle notizie tramandateci dalle fonti, motivarono l'abbandono delle coste, a favore di aree collinari o interne maggiormente difendibili. E anche il centro di Tauriana, sede vescovile almeno dal VI, fu abbandonato attorno alla metà del X secolo.

Il Barrio e il Marafioti nel XI secolo scrivevano che, distrutta la città ad opera di saraceni, una parte dei taureanensi ed il loro vescovo si trasferirono a Seminara dove fu stabilita la sede vescovile, altri grup­ pi andarono a Calatrum, Opedum, Quinquefrondum ed in altri luoghi della regione. Un nucleo di cittadini potrebbe essersi stabilito ai piedi del monte Sant'Elia, nella zona chiamata Cittadella, oggi parte del nucleo urbano.

La ricerca archeologica può dire ancora ben poco in merito: i livelli bizantino-medievali, nel corso degli scavi finora condotti nel territorio di Palmi, non sono stati ancora individuati, anche perché l'interro dei resti rispetto al moderno piano di campagna è minimo, in particolare sul pianoro, la roccia è pressoché affioran­ te. I lavori agricoli inoltre, non ne hanno certo favorito la conservazione.

Per l'età tardo-antica e medievale il centro di Tauriana viene ricordato da Guidone e dall'Anonimo Ravennate tra le città “iuxta fretum quod dividit inter insulam Siciliam et Italiam (Rav. Anonym., Cosmogr., IV 32).
Ugualmente importante la segnalazione, lungo il percorso della via consolare Popilia, di Tauriana come attesta­ to nel VI segmentum della Tabula Peutingeriana, copia di età medievale (XI-XIII secolo) di un itinerarium adnotatum et pictum di età romana, oggi conservata presso la Biblioteca Nazionale di Vienna. Sono invece maggiormente e più ampiamente documentati i livelli romani.
Pressoché continua sembra essere stata l'occupazione del pianoro dal I secolo a. C. alla piena età imperiale, età di cui la testimonianza archeologica più importante anche per il suo stato di conservazione, è la strada basolata che lo attraversa in senso sud-nord e che può identificarsi con uno degli assi stradali principali dell'abitato romano di Tauriana.
Tra i ruderi elencati dal De Salvo ci sono “spezzoni, quali più, quali meno estesi, di lastricato, fatto con grosse pietre di granito a poligoni irregolari... e per la loro disposizione, fanno chiaramente rilevare di essere appartenuti a diverse vie di Tauriana; tanto che per due di queste, si può rintracciare la direzione...”

 

 


Uno dei tratti stradali di cui scrive il De Salvo, è identificabile proprio con il basolato messo in luce per 50 metri, dagli scavi archeologici della seconda metà degli anni '90 ed il cui impianto può ricondursi alla prima età imperiale. Sul suo lato orientale si sono conservate murature a livello di fondazione, impostate sulla roccia affiorante e pertinenti vani di edifici di cui sono stati rinvenuti lembi dei piani pavimentali in tessere musive bianche e nere. La conferma all'ipotesi che il basolato proseguisse attraverso il pianoro in entrambe le direzioni, è stata data da una breve campagna di prospezioni meccani che ed elettriche, unitamente a ricognizioni di superfi­ cie e saggi di scavo. Si può ipotizzare il suo collegamento ad un nodo stradale principale, esterno all'abitato e di raccordo con altre zone del territorio. Le segnalazioni passate e non controllate circa la presen­ za di sepolture su questo versante del pianoro potreb­ bero altresì far pensare all'esistenza di una necropoli extraurbana o a piccoli nuclei, ubicati magari proprio lungo la strada. Con la completa romanizzazione della regione, successiva alla guerra sociale, la presenza brettia sul territorio calabrese è solo un ricordo, tuttavia ancora vivo in età bizantina quando, scrive Procopio di Cesarea, conquistata la regione, il suo nome attestato dai documenti ufficiali era ancora Bruttiorum, che succesive modifiche linguistiche mutarono in Brettia o Brettanìa.
E' dunque nel periodo ricordato dagli studiosi del mondo antico come età ellenistica che alcuni gruppi brettii – specificatamente Tuuriani – occuparono con dinamiche insediative articolate e non acora del tutto note. Il territorio a sud del fiume Metauro, dal litorale alla zona aspromontana.

Resti murari relativi ad edifici monumentali riconducibili al centro romano di Tauriana sono ancora oggi visibili nell'area del pianoro, dove, fra i rinvenimenti fortuiti del secolo scorso, vanno annoverati rocchi di colonna, frammenti di mosaici pavimentali e capitelli in marmo. Allo stato attuale degli studi, sembra che il pianoro fosse il cuore dell'abitato sia per l'età ellenistica che per quella imperiale, abitato il cui limite sud poteva pressoché coincidere con l'area della Cripta di San Fantino, edificio di età romana utilizzato dal IV secolo come luogo di sepoltura del santo e, successivamente, destinato a luogo di culto, che ben presto divenne fulcro di un complesso ben più ampio.

Il rinvenimento nel secolo scorso di deposizioni risalenti ai primi secoli dell'impero unitamente ad altre ricollegabili invece al luogo di culto paleocristiano, sembrerebbe attestare che tale settore del pianoro fosse stato riservato nel tempo ad area di necropoli.

Sempre per l'età romana, la ricerca archeologica nella zona litoranea di località Scinà, situata a nord degli abitati indagati sul soprastante pianoro, ha permesso di aggiungere un altro tassello alla storia di Palmi nell'antichità.

Gli scavi hanno infatti messo in luce strutture di piena età imperiale, alcune delle quali caratteristiche per la loro poderosità e per il tipo di materiali utilizzati per la loro costruzione: pietra lavica e pomice rossa.

Come sul pianoro, anche in questa zona alcune strutture antiche si sono conservate a vista, ad esempio il tratto murario in opera cementizia che si estende per circa 100 m dal terrazzo costiero alla strada moderna in contrada la Scala.

Nella medesima contrada – il cui toponimo sembrerebbe indicare anche per il passato, un collegamento diretto tra il soprastante pianoro ed il litorale – è stata messa in luce parte di un edificio d'età imperiale, per il quale è documentata anche una fase d'uso più tarda, d'età altomedievale.

La concentrazione di strutture individuate in questo tratto di località Scinà farebbe pensare ad una zona densamente abitata.

Una prima conoscenza circa i costumi funerari d'età romana e tardoantica nel territorio di Palmi può fornir la un vasto settore di necropoli, portato in luce negl anni '50, lungo il litorale di Scinà, circa un chilometro a nord dei rinvenimenti di contrada La Scala.

Le sepolture del tipo a inumazione – con corredi preva lentemente deposti all'interno – cronologicamente inquadrabili in due diversi momenti, piena età imperia le ed età tardoantica, presentano un particolare interes se per la loro tipologia. Sembra, infatti, testimoniato l'uso di segnacoli in muratura di forma parallelepiped e anche del tipo a mezza botte, tipologie già documentate per questi periodi, in area mediterranea.

Sono state rinvenute anche alcune epigrafi sepolcrali con la tradi zionale formula funeraria D[is] M[anibus] che, già all'e poca dello scavo, non fu stabilito se fossero in giacitu ra originaria o riutilizzate.

Nuovi elementi circa gli spazi riservati alle aree di necropoli lungo questo tratto nord del litorale, li offre la recente scoperta di un gruppo di sepolture del tipa a cassa e cappuccina con corredi esterni ed interni alle deposizioni, di età imperiale-tardoantico. Sepolture che attestano tra l'altro, un rituale funerario ampiamente documentato altrove, ma, finora, non a Palmi: il versamento dei liquidi delle libagioni per il defunto attraverso il foro di un condotto costituito da coppi, visibile sul tetto della cappuccina.

Tauriana viene ricordata in età tardo-antica quale sede vescovile e tra il VI e PXI secolo diversi furono i vescovi provenienti da questo territorio: tra questi Paolino, i cui monaci, fuggiti dal monastero alla venuta dei Longobardi, furono raccolti nel cenobio messinese di San Teodoro per volontà di Gregorio Magno.

Un dato archeologico molto importante è la scoperta, nell'area limitrofa e sottostante la chiesa ottocentesca di San Fantino e Santa Maria ab alto mari, di un edificio di culto triabsidato di età altomedievale. La sua ripresa in età successiva con modifiche planimetriche e la sovrapposizione di edifici di culto pressoché ininterrottamente fino ad età moderna, attesta la valenza religiosa e simbolica di questo sito nei secoli.

Gli scavi archeologici più recenti, condotti anche all'interno della chiesa ottocentesca, sul lato orientale, hanno, tra l'altro, permesso di mettere in luce alcune deposizioni maschili il cui posizionamento – ad un esame della planimetria complessiva del sito – li ricollega all'edificio altomedievale.

Uno dei caratteri costruttivi particolari dell'edificio cultuale di età medievale è il rispetto dell'orientamento dell'ambiente ipogeo di età romana adibito a luogo di sepoltura del santo; un'altra curiosità costruttiva è il reimpiego di laterizi bollati con l'etnico dei Tauriani e con nomi greci nella costruzione dell'ipogeo, che nel tempo subì delle modifiche strutturali.

Sono ancora oggi visibili sulla parete sud e su quella est della cripta, resti di affreschi a disegni geometrici ed a soggetto religioso con figure di santi quale quella di san Giovanni Crisostomo identificata grazie al suo nome dipinto o quelle possibili ad identificarsi con San Basilio e San Gregorio. Affreschi databili, sulla base di confronti, alla metà dell'XI secolo.

Le fonti attestano che Tauriana era anche sede di diversi monasteri maschili e femminili; va, inoltre, ricordato che è tra i siti archeologici calabresi che ha restituito le testimonianze più antiche per l'età cristiana.

Una epigrafe databile al IV secolo, rinvenuta al tempo di P. Orsi nell'area del complesso di San Fantino, attesta il nome del vescovo più antico di Tauriana: "Leucosius episc[opus]..."

Dagli inizi del X secolo le fonti non forniscono alcun dato di conoscenza sul territorio di Palmi e sulla sua organizzazione, la cui ultima menzione è riconducibile al Bios di San Fantino del vescovo Pietro (metà VIII secolo) che ricorda quanto la città di Tauriana fosse stata famosa e come i suoi resti si conservassero ancora, su entrambe le rive del fiume Petrace.

Solo nel XIV secolo si ritrovano documenti che ricordano Palmi con il nome di Palma. È docu­mentata infatti l'esistenza del casale che alla metà del secolo successivo, viene ricordato come casale di Seminara e sarà successivamente annoverato tra i feudi della famiglia Spinelli, citato nei documenti d'archivio per la produzione olearia prima e per quella serica dopo.

Dalla metà dello XVI secolo il centro è ricordato con il nome di Carlopolis ed una medaglia, con la rappresentazione della città fortificata unitamente alla legenda "Carlopolis fundatio" sul verso, ne celebra la fondazione.

La città fortificata è riprodotta nel bassorilievo celebrativo dell'ingresso di Carlo V a Seminara, oggi conservato presso lo stesso comune.

Nei secoli successivi, durante i quali Carlopoli è ormai solo uno dei quartieri urbani, la città s'ingrandisce distinguendosi per la regolare organizzazione urbanisti­ca; cambia definitivamente volto quando le disastrose conseguenze del terremoto del 1783, ne richiedono una sua completa riprogettazione, curata da Giovan Battista de Cosiron.