Culti e Miti

Apollo, divinità tutelare dei Calcidesi, ed Artemide, venerata come Phakelitis nel santuario extraurbano, furono le divinità eminenti del pantheon reggino.
Fu l'oracolo di Delfi, voce del dio Apollo, ad indicare ad un gruppo di Calcidesi il luogo dove fondare la nuova città.

Secondo Varrone, invece, fu Oreste a portare in quest'area il culto del dio; infatti, presso Reggio scorrevano sette fiumi non confluenti in cui Oreste si sarebbe purificato del matricidio costruendo, successivamente, un tempio in onore di Apollo. Da varie fonti si deduce l'esistenza, nella città, di una festa annuale dedicata dai Reggini ad Apollo, alla quale partecipavano anche gli abitanti della dirimpettaia Messana, che durava circa due mesi e doveva essere particolarmente solenne. La centralità del culto di Apollo nella vita della polis reggina è provata anche dalla documentazione archeologica. Dalla fine del V sec.a.C. la monetazione della città vede l'uso pressocchè continuo dell'effige del dio e dei suoi attributi (tripode, lira, foglia di alloro, delfino); sotto la tirannide di Dionisio II la città assume il nome di Phoibia proprio in onore del dio; ad età ellenistica, infine, sono datati laterizi con i bolli APOLLWNOS - IERA APOLLWNOS scoperti in varie zone della città e che attestano la presenza di figline nel santuario di Apollo a Reggio.

Il culto di Apollo continuò ad avere a Rhegion un ruolo fondamentale anche in età romana, quando esiste notizia dell'esistenza di un tempio dedicato ad Apollo Maggiore; ad età giulio-claudia, infine, si datano alcuni bassorilievi iscritti raffiguranti edicole sacre con i simboli di Apollo ed Artemide.

Il culto di Artemide, a Reggio, è strettamente collegato a quello del fratello divino, Apollo, e alla tradizione stessa della fondazione della città. Strabone, infatti, ci tramanda che a fondare la città furono un gruppo di calcidesi insieme ad alcuni Messeni che erano stati allontanati dalla madrepatria perchè avevano preso le difese di Spartani che avevano attaccato loro concittadini rei di aver usato violenza ad un gruppo di fanciulle spartane che si stavano recando a compiere sacrifici nel santuario di Artemis Limnatis (al confine tra Messenia e Laconia). Apollo, attraverso l'oracolo di Delfi, aveva ordinato a questo gruppo di esuli messeni di accompagnare i calcidesi a Reggio e di ringraziare Artemide perchè in tal modo si sarebbero sottratti alla rovina della loro patria che doveva essere, di lì a poco, conquistata dagli Spartani.

A Reggio Artemide fu venerata col titolo di Phakelitis e il suo tempio sorgeva, a detta di Tucidide, al di fuori delle mura urbiche. L'epiteto Phakelitis viene spiegato con riferimento al mito di Oreste: l'eroe, infatti, avrebbe trafugato dal tempio in Tauride il simulacro della dea, avvolgendolo in fasce lignorum , per portarlo appunto nel territorio reggino, dove si sarebbe purificato. Dalle fasce lignorum sarebbe derivato l'epiteto della dea in uso a Reggio.

Oltre alla documentazione numismatica, anche quella archeologica ci aiuta a ricostruire la presenza del culto della dea nell'antica Rhegion . Si possono riferire al culto della dea e del fratello divino alcune iscrizioni che enumerano alcune cariche municipali riconducibili al culto stesso. Sono da ricondurre al culto di Artemide anche alcune raffigurazioni fittili della cosiddetta Potnia qhrwn o signora delle fiere (spiegabili con l'appartenenza della dea alla sfera della natura selvaggia e con il suo antico rapporto con la dea di Massalia e quella di Efeso), scoperte nella città di Reggio, oltre a varie statuette fittili raffiguranti la dea seduta nuda con i capelli raccolti in un alto chignon, scoperte nell'area del cd Santuario Griso Laboccetta.



Anche il culto di Atena , dea della sapienza, ebbe a Reggio un ruolo importante; lo possiamo dedurre sia dalla presenza della figura della dea sulla monetazione della città che dal rinvenimento di un'iscrizione che ricorda come un certo Cn. Aufidius dovesse essere incoronato en tw agwni tois prwtois Aqaviois. Una ulteriore conferma della presenza del culto della dea viene dai ritrovamenti di statuette fittili raffiguranti la dea e di antefisse raffiguranti Gorgoni.

Anche Asclepio , figlio di Apollo e dio della medicina, appare sulla monetazione reggina più di una volta. Il culto di Asclepio ed Igea era presente in tutta l'area dello Stretto, come dimostrato dalla documentazione epigrafica ed archeologica rinvenuta a Messina. A Reggio, però, la documentazione archeologica è molto esigua; dal territorio della città, infatti, proviene un solo reperto collegato indiscutibilmente alla figura di Asclepio: un frammento marmoreo rappresentante il bastone del dio con il serpente attorcigliato.

Eracle , il più famoso tra gli eroi greci, fu assunto nell'antica polis di Reggio come divinità protettrice dei confini del suo territorio tanto che sia sul versante ionico che su quello tirrenico della chora reggina esistono elementi indicativi della presenza di luoghi di culto dedicati a tale divinità. Sul versante tirrenico, presso Castellace di Oppido Mamertina, fu scoperta una lamina bronzea su cui è incisa l'iscrizione Erakleos Reginu in alfabeto calcidese; il rinvenimento avvenne presso la riva sinistra di uno dei principali affluenti del fiume Metauros che, tra il VI ed il V sec.a.C., costituì il confine settentrionale del territorio reggino. In questo luogo, con ogni probabilità, era stato eretto un santuario a Eracle, protettore del confine, a cui era stata dedicata un'arma, uno scudo o un elmo su cui era stata posta l'iscrizione di cui sopra.

Anche presso il confine meridionale della chora reggina, laddove era il famoso Capo Herakleion e il fiume Alece (attestato da molte fonti come confine tra i territori locrese e reggino) è presumibile l'esistenza di un altro luogo di culto dedicato ad Eracle. La presenza dell'eroe divino in quest'area è attestata anche da un mito tramandatoci da Diodoro Siculo in cui si narra che le cicale del territorio locrese erano canterine mentre quelle del territorio reggino no e di questa caratteristica fece le spese il sonno di Eracle il quale si trovò a sostare da quelle parti per una notte; non riuscendo a chiudere occhio per il canto continuo delle cicale "locresi", l'eroe chiese ed ottenne dagli dei che esse scomparissero e, da quel giorno, in effetti le cicale scomparvero da quel luogo.
Il culto dell'eroe divino è attestato, per l'età ellenistica e repubblicana, nel territorio reggino, dal rinvenimento di un numero consistente di statuette fittili e bronzee raffiguranti il dio con i suoi attributi (la pelle di leone e la clava).

In età ellenistica si diffuse a Rhegion anche una serie di culti provenienti dall'Oriente: quello degli dei egizi Iside e Serapide e quello anatolico di Cibele e Attis. Arpocrate , figlio di Iside, sarebbe raffigurato in due statuette bronzee pubblicate dal Turano ed in una testa marmorea che presentano la caratteristica capigliatura ornata da una treccia che va dalla fronte al vertice del capo.
L'esistenza di un tempio eretto in onore della coppia divina egizia Iside-Serapide a Reggio è stata confermata dal rinvenimento di un grande frammento dell'architrave del santuario che presenta un'iscrizione in latino dedicata a queste due divinità da un "Q.Fabius Titiani lib. Ingenuus" e da "Fabia Candida sacrorum".
Sempre in età ellenistica alcune terrecotte raffiguranti il giovane dio Attis in atto di suonare la siringa, col tipico copricapo frigio, attestano nella città la presenza del culto della Grande Madre frigia Cibele.